Dopo la vittoria davanti alla Corte di giustizia dell’Unione europea, Diarra chiede il risarcimento per i danni subiti: la ricostruzione del caso.
Il “caso Diarra” torna a far discutere e questa volta potrebbe avere ripercussioni ancora più ampie. Dopo aver “battuto” in tribunale la FIFA davanti alla Corte di giustizia dell’Unione europea, l’ex centrocampista francese ha deciso di rilanciare, con il sostegno di FIFPRO Europe e FIFPRO World, chiedendo un risarcimento da 65 milioni di euro lordi alla stessa FIFA e alla Federcalcio belga. La richiesta è stata calcolata da Compass Lexecon, società leader nella valutazione dei danni legati a violazioni del diritto della concorrenza.
Con questa mossa, Lassana Diarra non solo cerca un risarcimento personale, ma ribadisce anche il suo appoggio alla class action lanciata dalla fondazione olandese Justice for Players, che punta a tutelare tutti quei calciatori che in passato si sono ritrovati vincolati da regole FIFA oggi dichiarate illegali. Ma cosa è successo nello specifico? Facciamo un salto indietro di 11 anni per spiegare al meglio la situazione.
Il litigio con la Lokomotiv Mosca e il “blocco” FIFA: nasce così il “Caso Diarra”
Tutto ebbe inizio nel 2013, quando Diarra firmò un quadriennale con la Lokomotiv Mosca. Dopo appena un anno, però, il rapporto con club e allenatore si incrinò: al rifiuto del giocatore di accettare una riduzione dello stipendio, seguirono tensioni, allenamenti saltati e infine il licenziamento da parte del club.
La FIFA, chiamata a esprimersi, diede ragione alla Lokomotiv e condannò il francese a versare 10,5 milioni di euro come risarcimento per la rottura anticipata del contratto. In base alle norme allora vigenti, infatti, un calciatore che interrompeva il proprio contratto senza “giusta causa” era obbligato a risarcire la società, e qualsiasi club disposto a tesserarlo rischiava pesanti sanzioni sportive.
Ma è tra il 2014 e il 2015, che la situazione di Diarra peggiorò ulteriormente: la FIFA gli negò il certificato internazionale di trasferimento, impedendogli così di firmare con lo Charleroi, club belga che aveva già avviato una trattativa. Per timore di ritorsioni, i belgi si ritirarono e il giocatore rimase fermo per un anno.
Diarra batte in tribunale la FIFA: le norme da cambiare
Fu allora che Diarra decise di rivolgersi alla Corte di giustizia dell’UE, sostenuto dai sindacati dei calciatori. Dopo un lungo iter, la Corte gli ha dato ragione nel 2024, stabilendo che alcune norme FIFA erano in contrasto con il diritto comunitario e dovevano essere modificate – di seguito riportate da Sky Sport -.
- Il calciatore e qualsiasi club che intenda ingaggiarlo sono responsabili in solido per il pagamento di un’indennità al club di provenienza.
- Il nuovo club è passibile di una sanzione sportiva consistente nel divieto di ingaggiare nuovi giocatori per un determinato periodo.
- La federazione nazionale da cui dipende il club di provenienza del giocatore deve negare il rilascio di un certificato internazionale di trasferimento alla federazione presso la quale è iscritto il nuovo club finché tra il club di provenienza e il giocatore è pendente una controversia in merito alla risoluzione del contratto.
Insomma, il verdetto della Corte ha ribaltato il tavolo: ora la FIFA dovrà adeguarsi e correggere il regolamento. Nel frattempo, però, Diarra chiede anche il conto per gli anni persi e i danni subiti.