Il padre di Huijsen: “L’addio alla Juventus uno shock! Motta brutale”

Huijsen

Il papà di Dean Huijsen è tornato a parlare dell’addio alla Juventus di suo figlio ma non solo a Tuttosport: queste le sue dichiarazioni.

L’addio alla Juventus di Dean Huijsen ha fatto tanto rumore. Il difensore classe 2005 è sbocciato definitivamente la scorsa stagione con la maglia del Bournemouth tanto da guadagnarsi la chiamata del Real Madrid. Il padre del ragazzo ha rilasciato una lunga intervista a Tuttosport.

Le dichiarazioni del padre di Huijsen

Cos’ha pensato quando la Juventus ha comunicato che Dean avrebbe dovuto fare le valigie? 
«È stato un vero shock. Non ci potevamo credere, ci siamo rimasti di sasso. Male, troppo male. Un giorno nero. Bruttissimo. Un fulmine a ciel sereno. Ma perché? Ci chiedevamo senza poter comprendere i motivi della separazione forzata. Dean stava a meraviglia a Torino, parla benissimo italiano, era apprezzato e ben voluto da tutti. Dallo staff ai compagni di squadra, da tutto il mondo Juve fino al magazziniere. Giuntoli è stato categorico e Motta brutale quando gli hanno detto che non avrebbe più fatto parte del progetto e che doveva andarsene, che non aveva più il permesso di allenarsi con la prima squadra».

Anche il passaggio al Bournemouth dev’esser stato brutale: da uno dei club comunque più famosi del mondo a uno che non ha mai partecipato a nessuna Coppa europea e non ha mai vinto un trofeo a livello di Premier League… 
«Però partecipante al campionato più ricco e competitivo del mondo. Il migliore. Abbiamo intravisto l’opportunità della titolarità in Premier League con la possibilità, stimolante e avvincente, di affrontare attaccanti di valore assoluto a cominciare da Haaland, Salah e Isak. Inoltre il direttore del Bournemouth è il portoghese Tiago Pinto, ex Roma. Si profilava insomma un percorso di crescita significativo per Dean che in effetti ha poi disputato 32 partite con 3 gol e 2 assist in maglia “Cherry”. Più altre 3 gare in FA Cup per un totale di 2.800 minuti in campo. Prestazioni eccellenti che gli sono valse l’ingaggio da parte del club più celebre e vincente del pianeta terra. Lo volevano tante “big” del calcio europeo (Chelsea, Liverpool, Bayern, Borussia Dortmund, Arsenal, Tottenham, Newcastle United, ecc.) ma lui ha declinato garbatamente ogni offerta aspettando che arrivasse “quella” squadra, il “team” dei suoi sogni, il più grande e più affascinante: il Real Madrid»

Si dice che l’ingegner John Elkann, proprietario della Juventus, abbia cacciato l’improvvido Giuntoli anche per quell’assurda cessione…
«Lui e Motta non sono propriamente da annoverare tra i miei migliori amici… ».

Ritiene sia stato decisivo il fatto che la vostra famiglia si sia trasferita da Amsterdam a Malaga quando Dean non aveva ancora 5 anni? 
«Decisivo forse no, però rilevante sì. Lui ha così assimilato le caratteristiche del calcio olandese, lo stile offensivo dell’Ajax, e l’intensità del “fútbol” spagnolo. Dopodiché quando è passato alla Juve ha accorpato le peculiarità del calcio italiano: tattica e difesa. Un “mix” molto importante. È un ragazzo che sa ascoltare: ha appreso molto dagli insegnamenti di Mourinho suo mentore alla Roma. E adesso sta imparando tanto agli ordini di Xabi Alonso a Madrid».

Qual è stato il momento in cui lei ha realizzato che suo figlio sarebbe veramente diventato un campione? 
«Non c’è una data, una partita o un allenamento preciso. È stata una progressione, un crescendo, un’escalation costante. Dai primi calci in casa e al parco con me – l’ho fatto migliorare tantissimo nel destro perché lui è un mancino naturale – alla scuola calcio, al Málaga, eccetera. Al di là della sua altezza (197 centimetri) e delle qualità tecniche, gli allenatori che ha avuto hanno sempre sottolineato la sua forza mentale».

Il procuratore anglo-iraniano Ali Barat, che collabora con lei nella gestione sportiva di suo figlio, lo ha paragonato addirittura a uno dei più forti difensori della storia, molto probabilmente il migliore di sempre: Franz Beckenbauer, “Der Kaiser”. Lei che ne pensa? I media olandesi avevano parlato inizialmente di nuovo De Ligt…
«C’è da essere lusingati per un accostamento così prestigioso. Forse per l’eleganza di Dean in campo, la sua sicurezza nel controllo della palla, le chiusure e gli anticipi sugli attaccanti. Mio figlio però non è mica “Kaiser Franz”… È un ragazzo che non si monta la testa, semmai tutto il contrario. Lui punta caparbiamente a migliorarsi allenamento dopo allenamento, a essere solo sè stesso, magari a far sì che un giorno i bambini possano considerarlo un esempio da imitare, chissà un loro idolo… ».

“Il suo idolo era Sergio Ramos”

Qual è stato l’idolo d’infanzia di Dean: un olandese o uno spagnolo?
«Da piccolino suo zio Ruud Krol, leggenda del calcio “Oranje” e dell’Ajax che ha militato anche nel Napoli. Ha sposato Yvonne, sorella minore di mio padre. Poi crescendo, ormai trasferitosi in Spagna, ha eletto come idolo Sérgio Ramos, ex leader della difesa madridista e popolarissimo in Andalusia essendo nato in provincia di Siviglia».

Lei ha giocato nel ruolo di centravanti in diverse squadre professionistiche olandesi durante gli Anni Novanta: ad Haarlem l’avevano soprannominata nientemeno che “Maradonny”… 
«Ah sì, vero, ma era una cosa nata così per divertimento fra i tifosi. Nessun giocatore al mondo più essere paragonato al più grande di tutti i tempi, perché Diego era unico».

E Dean che soprannome ha?
«Chill Guy, tipo il “meme” Internet. In sintesi un ragazzo tranquillo, rilassato, amichevole. Senza stress».

Come lo vede nella corsa al Golden Boy? Da Parigi insistono: il premio non può sfuggire a Doué che in questo 2025 ha vinto praticamente tutto… 
«Faccio i complimenti al francese per la sua brillante stagione con il Paris Saint-Germain. I risultati e i successi conseguiti sono lì a dimostrarlo. Quanto a mio figlio, al primo anno in Premier League ha giocato così bene da meritarsi l’ingaggio da parte del Real Madrid. Qualcosa conterà, no? E infatti ho notato che nell’attuale “ranking” di Football Benchmark pubblicato su Tuttosport, occupa il quarto posto su 100 candidati. Se si considera che il leader Yamal non potrà più essere eletto in quanto già vincitore, ecco che Dean sale sul podio: mica male… ».

Huijsen è un cognome tipicamente olandese, deriva dalla parola Huis che significa casa. Anche sua moglie Mascha fa Wijsmuller, altro cognome super olandese che si può tradurre letteralmente come mugnaio spettacolo. Come avete preso il fatto che Dean un anno e mezzo fa abbia respinto la Nazionale arancione accettando invece quella spagnola? 
«Lui s’è trasferito in Andalusia da bimbo. Ha compiuto il percorso scolastico e calcistico in Spagna dove ha cominciato a giocare a 5 anni nell’accademia del Costa Unida di Marbella prima di essere tesserato dal Málaga. Si sente spagnolo. O comunque più spagnolo che olandese. Quando è stato ingaggiato nelle giovanili della Juve, la Federcalcio olandese lo ha selezionato per le Rappresentative Under 17 poi 18 e 19. Ma nella primavera 2024, mentre era alla Roma e aveva già ottenuto il nuovo passaporto, ha accettato di buon grado la convocazione nell’Under 21 spagnola scartando l’Olanda. Nel marzo scorso l’esordio non ancora ventenne con le “Furie Rosse” del ct De la Fuente. Si giocava a Rotterdam proprio contro la Nazionale del nostro Paese natale, andata dei quarti di Nations League (2-2 il risultato). Entrò nel finale del primo tempo al posto di Cubarsí, infortunato. E fu accolto da bordate di fischi. A ogni pallone che toccava, lo stadio inveiva contro di lui. Quindi nessun rimpianto da parte nostra».

Com’è nata la scelta di affidarsi alla consulenza della Epic Sports Agency del rampante Ali Barat? 
«Con la famiglia c’eravamo trasferiti a Casalpalocco, zona sud di Roma. Andavo a giocare a padel al Circolo dei Parioli ed è lì che l’ho conosciuto e che siamo diventati prima amici e poi… soci. Anche Ali s’è trasferito a vivere a Roma. È un agente in gamba, sta facendo molta strada. Peccato solo non lo sia altrettanto nel padel: giochiamo in coppia e non siamo ancora riusciti a vincere manco una partita… ».

A Torino si dice che il talento turco Kenan Yildiz abbia rimpianto Dean: erano molto amici, oltre che coetanei, così come le vostre rispettive famiglie.
«Sono tuttora molto amici, hanno legato subito nelle giovanili della Juve. Si sentono praticamente ogni giorno al telefono. Hanno creato una chat di gruppo, c’è anche il bosniaco Tarik Muharemović ora al Sassuolo. Stanno già cominciando gli sfottò in vista di Real Madrid-Juventus del prossimo 23 ottobre in Champions… Io e suo papà Engin ci frequentavano spesso a Torino. Sua moglie Beate è tedesca quindi non c’erano problemi di lingua perché olandese e tedesco sono lingue molto simili. A Dean, che continua a leggere Tuttosport sul suo smartphone come del resto faccio anch’io, piaceva frequentare i ristoranti di Marchisio e di Bonucci. Il “Legami” a Garino, frazione di Vinovo, e il “Lève” di fronte alla vecchia sede della Juventus in corso Galileo Ferraris».

A Vinovo ricordano la sua “magnifica ossessione” per non perdersi nemmeno un secondo delle sedute di allenamento di Dean… 
«Un giorno mi sono procurato un paio di cesoie e mi sono messo a tagliare l’erba alta che copriva parzialmente la visione del “training”. Poi in un campo da tennis lì vicino ho trovato una sedia da arbitro, ovviamente alta, così potevo seguire perfettamente ogni allenamento. E chissenefrega se qualche volta pioveva… Ero diventato una sorta di beniamino per tutti al JTC di Vinovo: dagli allenatori ai “vigilantes”, dagli inservienti agli addetti al refettorio… ».

Nell’immediato, diciamo nei prossimi 12 mesi, quali sono gli obiettivi che Dean si è prefisso? 
«È umile, non corre dietro alle ragazze, ma è concentratissimo sulla sua professione ed è anche molto ambizioso. Oltre a sognare il Golden Boy quest’anno, ultima sua occasione perché nel 2026 non potrà più essere candidato dato che compirà 21 anni, lui vuole vincere possibilmente tutto: Liga, Champions, Supercoppa e Copa del Rey con il Real Madrid e la Coppa del Mondo con la Spagna… ».

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