Bologna, Miranda: “Siamo una famiglia. In Europa possiamo dire la nostra”

Miranda

Juan Miranda è stato intervistato quest’oggi da ZeroCinquantuno: ecco le sue dichiarazioni.

Il terzino del Bologna ha trovato il primo gol in Serie A solo qualche settimana fa nel match contro il Parma. Oggi Miranda si è raccontato ai microfoni di ZeroCinquantuno. Di seguito le sue parole.

Le parole di Miranda

Miranda, è lecito dire che oggi il Bologna è la squadra più bella d’Italia?
«Non lo so, in campo facciamo del nostro meglio e di sicuro siamo in un momento molto positivo (sorride, ndr). Posso dire che il Bologna è più di una semplice squadra, è una famiglia che parte dalla società e si estende fino ai tifosi, e penso che questa unione così forte tra tutte le componenti si percepisca».

A tuo avviso qual è il vostro miglior pregio, ciò che vi rende unici?

«L’unicità sta proprio nel fatto di essere degli amici che indossano la stessa maglia e poi con la stessa naturalezza si ritrovano a chiacchierare davanti ad un caffè, combattiamo insieme nei momenti difficili e poi ci godiamo quelli belli».

Dove, invece, pensi che ci siano i margini per migliorare ancora?

«Di migliorare non si finisce mai, ogni giorno ci alleniamo per questo. Preferisco guardare a me stesso, consapevole di dover imparare tanto in fase difensiva, infatti penso si noti che preferisco attaccare (ride, ndr). Io e i miei compagni abbiamo la fortuna di lavorare con un grande tecnico come Italiano, uno che non lascia nulla al caso, e sappiamo che il suo calcio offensivo va adeguatamente sostenuto e ‘protetto’ da chi gioca dietro».

Giusto ragionare di partita in partita, ma nello spogliatoio vi siete dati qualche obiettivo intermedio?

«Guardando ai traguardi raggiunti dal club nelle ultime due stagioni, vien da sé che l’obiettivo primario sia continuare a disputare le coppe europee. E poi chissà, abbiamo a disposizione quattro competizioni e tutti vorremmo fare qualcosa in più rispetto all’anno scorso, che già è stato magnifico: ci teniamo a rendere ancora felici i nostri tifosi».

“Siamo fiduciosi per l’Europa”

Per quanto riguarda in particolare l’Europa League, siete fiduciosi sul passaggio del turno?

«Sappiamo che ci attendono quattro partite fondamentali, possiamo e dobbiamo fare meglio, anche fin qui non ci è girata nemmeno benissimo. Da Udine in poi si aprirà una settimana molto importante e impegnativa: ora la nostra testa è su Udine ma poi dovremo dare un segnale forte contro il Salisburgo, perché in coppa il margine d’errore è più ridotto rispetto al campionato».

La recente sequela di infortuni sta iniziando a preoccuparvi, alla luce di un calendario pieno d’impegni?

«Gli infortuni fanno parte del calcio e rappresentano un problema per tutte le squadre. Certo, sarebbe stato meglio non averne così tanti tutti insieme, ma disperarsi non serve: abbiamo una rosa ampia e di qualità e un allenatore molto bravo nella gestione delle rotazioni, l’identità di questa squadra racconta che chiunque vada in campo la prestazione generale non cambia e sarà così anche stavolta».

Nel calcio di oggi si gioca e si viaggia troppo o per voi professionisti la situazione è ancora gestibile?

«A me piace giocare, anche quando i match sono ravvicinati, meglio la partita dell’allenamento (ride, ndr). In Italia, per esempio, mi sono abituato a scendere in campo anche nel periodo natalizio, cosa che in Spagna non accade. E poi è il nostro lavoro, siamo professionisti e bisogna per forza adeguarsi».

Altra piccola curiosità: saresti favorevole al tempo effettivo o pensi che un po’ di malizia, anche nel guadagnare secondi, faccia parte di questo sport?

«Tematica non facile da affrontare. Molto spesso chi sta vincendo tende a perdere tempo, per qualcuno è proprio una strategia da applicare in certi frangenti: a volte lo fai, a volte lo subisci. Penso che nel calcio sarà sempre così, l’importante però è non esagerare con sceneggiate e altri comportamenti poco corretti».

A Parma, sotto il diluvio, hai sfoderato una prova super e segnato un gran gol: lì è svoltata la tua stagione, dopo un inizio altalenante?

«Era da un po’ di anni che non svolgevo a pieno la preparazione estiva a causa di impegni internazionali, ho spinto forte e poi ci ho messo un po’ a trovare brillantezza sul piano atletico. Ora mi sento bene e in effetti nelle ultime settimane sono andato molto meglio: voglio tornare ad essere il Miranda visto l’anno scorso ma aumentando il numero di assist e soprattutto di gol, non intendo fermarmi a quello di Parma (sorride, ndr)».

Come ti trovi con mister Italiano? Arrivando da una determinata scuola calcistica, hai faticato ad adattarti ad un calcio più aggressivo e verticale?

«Quello spagnolo è un calcio più di palleggio ma comunque offensivo, infatti so che il nostro mister lo osserva con attenzione e lo apprezza molto. In Italia la parte tattica è ancora più marcata, così come la fisicità, ma ritengo di essermi adattato bene. Prima di venire qui avevo parlato con German Pezzella, ex giocatore di Italiano alla Fiorentina, e mi aveva detto ottime cose di lui: oggi posso confermarle al 100%, in particolare mi piace il modo in cui coinvolge noi terzini nelle manovre d’attacco».

Dopo l’oro olimpico del 2024 e la crescita in maglia rossoblù, pensi di meritare una nuova chiamata dalla Nazionale maggiore spagnola?

«La concorrenza è decisamente nutrita, nel mio ruolo ci sono diversi giocatori bravissimi, ma non perdo la speranza perché indossare la maglia del proprio Paese è il massimo e vorrei rivivere quelle emozioni. So che tutto passa dalle mie prestazioni e dai miei numeri col Bologna, e in tal senso la Nazionale è un ulteriore stimolo a fare sempre meglio».

C’è un terzino sinistro che consideri il tuo modello o che comunque osservi con particolare attenzione?

«A Barcellona mi allenavo con Jordi Alba, che per i giovani terzini spagnoli come me è sempre stato la principale fonte d’ispirazione: in quel periodo ho avuto modo di apprendere tanto da lui e constatare le sue qualità, non solo come calciatore ma in primis come persona. Oggi non ho un vero e proprio punto di riferimento: in Serie A mi piaceva parecchio Theo Hernandez, davvero forte, e fra gli italiani apprezzo Dimarco e Cambiaso».

Cosa si prova a vincere un trofeo con un’outsider? Tu ci sei riuscito prima col Betis e poi col Bologna…

«Detto che il Bologna sta facendo le cose talmente per bene che ormai non può più nemmeno essere considerato tale, senza dubbio è una sensazione speciale e bellissima, perché quasi nessuno se l’aspetta e invece alla fine tu sei lì, a stupire tutti con prestazioni come la nostra contro il Milan a Roma. Quella dell’Olimpico rimarrà per sempre una notte iconica e indimenticabile che mi riporta al concetto di famiglia espresso in apertura: circondati da un tale amore, ci siamo sentiti parte di qualcosa molto più grande di noi e del trionfo stesso».

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