L’ex calciatore ed ora opinionista sportivo, Lele Adani, si è raccontato in una lunga intervista al Corriere della Sera.
Lele Adani è di certo uno degli opinionisti sportivi più noti nel panorama Italiano. L’ex difensore ha spesso fatto parlare di sé, per via delle sue opinioni spesso schiette e dirette. L’ex difensore, si è raccontato in una lunga intervista, dove ha parlato di alcuni argomenti importanti, come la Nazionale italiana, il suo amico Roberto De Zerbi ed infine del rapporto con Vieri.
Le parole di Adani
Questa Nazionale ha il passo per andare al Mondiale?
«Ha lo spirito per farlo: lo vuole fortemente e io credo che andremo. Però abbiamo delle lacune e Gattuso ha già provato a far qualcosa per colmarle».
Ma perché la Nazionale fa tutta questa fatica?
«Tutte le Nazionali si evolvono, i metodi per formare e crescere i giocatori ci sono ovunque e la Norvegia che è la nostra avversaria diretta ne è la riprova. Nelle stanze dei bottoni ce la raccontiamo che siamo ancora i più bravi a formare, ma non è così: ci siamo fermati. La Croazia ha meno abitanti della Sicilia, il Portogallo ne ha quanti la Lombardia. Ma sono molto più credibili».
Sono tre mesi che parla bene di Allegri: è la dimostrazione che la sua posizione nei confronti di Max non era ideologica?
«La battaglia ideologica la crea chi non ha argomenti. Chi ha argomenti guarda il gioco. E io vedo partite fatte bene, percorsi diversi, tendenze invertite. La strada c’è ed è una cosa bella per tutti».
Forse questo Milan è costruito meglio della ultima Juve di Allegri?
«Quella squadra i giocatori buoni li aveva: si può sempre perdere, intendiamoci, ma se non fai un calcio evoluto, io non posso far passare per buono ciò che non lo è. E il Milan di Udine si vede che è un’altra cosa».
Le sue pulsioni da allenatore ci sono ancora?
«No e non mi sono mai pentito. Eppure c’è un mio amico allenatore che mi ha detto che è disposto a ridursi lo stipendio per avermi con lui».
Non è una mancanza di coraggio la sua?
«Assolutamente no, poi con tutti gli insulti che prendo da commentatore, coraggio ne ho (ride ndr). La passione per la comunicazione è fortissima».
Quindi in panchina mai?
«Forse in un ruolo nuovo, che unisca la parte calcistica a quella comunicativa, operando per un allenatore o una squadra, per arrivare più diretti alla gente: c’è ancora distacco fra chi fa il calcio vero e chi lo comunica. C’è una barriera».
Ma voi ex calciatori opinionisti non ve la tirate troppo, non avete troppo peso?
«Dipende da come vivi questa passione-professione. Se tu la senti come una vocazione ti meriti il rispetto: ma devi approfondire, saper vivere nei dissensi, non devi essere arido, devi esporti. Dipende come uno fa il mestiere».
L’allenatore che comunica meglio qual è?
«Quello che può lasciare un’impronta e scrostare vecchie abitudini è Cesc Fabregas, che ha una comunicazione molto calcistica e non arretra su quello in cui crede: viene da un percorso e da una società non italiana che spende bene e che come lui se ne sbatte di tutto quello che dicono gli italiani».
La comunicazione di Chivu è cominciata?
«È in una fase di mezzo: fa intravvedere che è retto, che ha idee, ma ancora non sa come imporsi per far vedere chi è veramente. Sente di poterci stare, ma ancora deve fare il salto. E lo vuole fare rispettando chi l’ha scelto, con fiducia forse eccessiva, e chi gli ha lasciato la squadra. Non lo vedo dubbioso, lo vedo riflessivo. Ma all’Inter non c’è troppo tempo».
Conte non si lamenta troppo?
«Non sono in disaccordo con lui: la squadra è stata allungata, non così rafforzata».
Lui ha qualcosa in più degli altri?
«Ha un rispetto unico del lavoro. Nessuno chiede tanto a sé stesso, allo staff e ai calciatori, come fa lui. Interiormente è quasi una missione. E poi si sottolinea troppo poco la sua evoluzione negli ultimi due anni: ha studiato tantissimo ed è tornato a sentirsi nei top 5 al mondo».
Si sono riuniti gli Oasis: lo faranno anche Adani e Vieri?
«Assolutamente no».
L’allenatore che si taglierebbe lo stipendio per lavorare con lei è De Zerbi?
«Sì».
Ha appena battuto col Marsiglia il Psg e ha detto che lui «è contro il potere»: allenerà mai una grandissima squadra con questo atteggiamento?
«In Francia c’è troppa disparità di mezzi. Ma la natura di Roberto è stare con quelli un po’ più deboli e trovare il piacere nel conflitto coi più forti. Ma allenerà una grande squadra, altrimenti sarebbe uno spreco. Se Silvio Baldini va all’Under 21 è la prova tangibile che i sogni si realizzano: è stata una scelta perfetta, stupenda, quella di cui ha bisogno un Paese».
Sarebbe uno spreco anche se Adani non allenasse?
«Non allenerò: romperò ancora le scatole parlando».
Fonte foto DAZN