Le istituzioni, nel caso specifico la Lega Serie A, amano riempirsi la bocca di slogan e di gesti simbolici “lavandosi le mani” come Ponzio Pilato, mostrandosi innocenti alla folla per il sangue dei “giusti” versato. Il caso Acerbi è solo l’ultimo in ordine cronologico. Queste tristi notizie ci sfuggono dalle mani, o forse meglio dire dai pollici, in meno di un paio di giorni. La storia, anche purtroppo recente, del nostro calcio è piena zeppa di precedenti.
Il caso Acerbi rappresenta esattamente quello che di più sbagliato c’è nella gestione del razzismo. Da una parte il difensore nerazzurro che incosciente o, forse anche peggio, cosciente del mondo attorno e delle innumerevoli battaglie umane e culturali, prende a cuor leggero le parole che escono dalla propria bocca e l’impatto che queste hanno verso l’esterno. Dall’altra un “collega” che fa di tutto per assolverlo, stimolando e promuovendo questo ingiustificato senso di protezione interna del sistema calcio. In mezzo la Lega Serie A, che permette ai propri affiliati di calcare un campo da gioco, contornato da tabelloni pubblicitari e scritte sulle magliette recanti la stessa frase: “Keep racism out“, di andare esattamente contro quello slogan.
Caso Acerbi e la pessima gestione dell’Inter, il “precedente” casalingo di Lukaku
Come riportato più volte dal sottoscritto, il calcio è lo specchio della società. In questo mondo estremamente egoistico tutti mostriamo interesse e vicinanza solamente quando le situazioni ci toccano direttamente. Tornando indietro nel tempo impostando l’orologio ad un momento non troppo lontano dai giorni nostri, immergiamoci nel 4 aprile 2023: Torino, Allianz Stadium, Juventus-Inter, andata delle semifinali di Coppa Italia, minuto 94 sul cronometro. Siamo sul punteggio di 1-0 Juve, quando l’arbitro Massa fischia un calcio di rigore in favore dell’Inter per un tocco di mano di Bremer. Sul dischetto va Romelu Lukaku che spiazza Szczęsny e fa 1-1: dalla Curva Sud bianconera si alzano i buu razzisti e i versi di scimmia verso l’attaccante belga.

La società Inter è, giustamente da un lato, balzata giù dalla sedie e non ci ha pensato due volte a diramare un comunicato fermo, conciso, di condanna al razzismo esordendo con “Siamo fratelli e sorelle del mondo. Il comunicato continua: “Vogliamo ribadire con fermezza che ci schieriamo compatti contro il razzismo e ogni forma di discriminazione. Il calcio e lo sport devono essere non solo un veicolo di emozioni ma anche di valori chiari e condivisi, che nulla hanno a che fare con quanto visto ieri sera negli ultimi minuti della semifinale di coppa Italia a Torino, Juventus-Inter”. Un messaggio forte, assolutamente condivisibile, di condanna per l’appunto. A distanza neanche di un anno dall’accaduto, come avrà reagito la società nerazzurra allo spiacevole episodio Acerbi-Juan Jesus? Ha replicato con gli stessi toni forti della scorsa volta? Queste le parole sbiadite, grigie, vuote del comunicato Inter: “FC Internazionale Milano si riserva quanto prima un confronto con il proprio tesserato al fine di far luce sulle esatte dinamiche di quanto accaduto ieri sera”. Oltre tutto arrivato solamente dopo la comunicazione della Nazionale, non di primo pugno.
Cosa è successo in Inter-Napoli: le frivole giustificazione del mondo del calcio
Siamo al minuto 58 di Inter-Napoli, partita valida per la 29esima giornata di Serie A. Juan Jesus richiama l’attenzione del direttore di gara Federico La Penna e gli spiega quanto accaduto: “Non mi sta bene, mi ha detto ‘sei un neg*o’ e questo non mi sta bene. Qui abbiamo una scritta (indica la scritta ‘Keep racism out’ sulla manica della maglia n.d.r.)”. Infiamma già sui social il caso Acerbi. I due protagonisti, continuano a discutere, l’arbitro fa proseguire e il tutto si “risolve” con l’ “amnistia” del numero 5 del Napoli verso Acerbi nell’intervista post gara: “Quello che accade in campo rimane in campo. Si è scusato, è andato oltre con le parole. Abbiamo risolto, dentro al campo ci sta dire di tutto. Spero non accadrà più, lui è un ragazzo intelligente”.
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Sembra tutto chiudersi, lasciando quel sapore di ingiustizia sia nei tifosi più sensibili, che soprattutto nel cuore e nell’animo dello stesso Juan Jesus. Il giorno seguente, di ritorno dal ritiro azzurro a Roma, Acerbi viene fermato dai giornalisti nella stazione centrale di Milano e tenta, disperatamente, di giustificare la propria posizione. “Non ho mai detto alcuna frase razzista. Le scuse a Juan Jesus? Secondo me avrà capito anche male“. La risposta del centrale del Napoli non si fa attendere e, con un post su Instagram, fornisce dettagli sulla propria posizione. “Il razzismo si combatte qui e ora, Acerbi mi ha detto ‘vai via nero, sei solo un neg*o’, aggiungendo anche ‘per me neg*o è un insulto come un altro’. Oggi sta cambiando la versione e sostiene che non c’è stato alcun insulto razzista. Non ho nulla da aggiungere”. Adesso la palla passa alla Procura Federale, che sentirà entrambi i calciatori nei prossimi giorni.
A chi Figli e a chi Figliastri
Partendo da un modo di dire napoletano proviamo a spiegare come la Lega Serie A e la giustizia facciano due pesi e due misure. Come, giustamente mi permetto di aggiungere, da un lato la giustizia ha emesso innumerevoli, ancora pochi in proporzione a quanto succede negli stadi, DASPO verso i tifosi resisi protagonisti di spiacevoli episodi. Dall’altro la Lega e la giustizia sportiva rischiano di privilegiare i calciatori, da sempre e per sempre protetti dall’intero sistema. All’interno di un messaggio già sbagliato di principio, rischiamo di trasmetterne uno altrettanto peggiore: tifosi razzisti fuori, calciatori razzisti dentro.
Cosa rischia Acerbi: i precedenti
Aspettando che la giustizia faccia il proprio corso, si prospetta una “maxi” sanzione per Francesco Acerbi, qualora i fatti dovessero essere accertati e provati. Il Codice di giustizia sportiva profila una squalifica di 10 giornate. Questa può essere comminata anche a tempo determinato, con il divieto temporaneo di accedere agli impianti sportivi in cui si svolgono manifestazioni o gare UEFA e FIFA, oltre ad un’ammenda. Dato l’imminente inizio di Euro 2024, sarebbe la pena più pesante per il centrale italiano. In Italia ci sono stati due episodi simili, che potrebbero costituire due precedenti per l’eventuale sentenza. Il primo, in ordine cronologico e datato 2020, è risalente ai fatti di Pisa-Chievo (Serie B). L’attaccante dei toscani Marconi si è rivolto al centrocampista ex Serie A Joel Obi con le parole “la rivolta degli schiavi”. Il secondo, invece, è datato 2021 nel corso del match di Serie C Sambenedettese-Padova. Un tesserato del club veneto, Santini, ha rivolto insulti razzisti al centrocampista ghanese Shaka Mwuli. In entrambi i casi la Procura ha comminato la maxi squalifica di 10 giornate.
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Fonte foto: X Inter