Inter, Sommer: “Da molti anni lavoro con un mental coach”

Il portiere dell’Inter Yann Sommer ha parlato ai microfoni del canale ufficiale del club insieme all’altro portiere, Audero.

Dichiarazioni Sommer

“Ho cominciato quando avevo 4 anni e no, ho sempre giocato a calcio”.

Se non fosse stato calciatore cosa avrebbe fatto nella vita?

“Domanda difficile, ho sempre voluto fare il calciatore. Ho sempre giocato in porta sin dal primo allenamento, volevo solo fare il portiere”.

C’è un giocatore fonte di ispirazione?

“Ci sono tanti portieri. Penso a Casillas o a Van der Saar”.

Anche suo padre era un portiere.

“Sì, lui e mio zio giocavano in porta. Una cosa di famiglia”.

Qual è stato il primo regalo inerente al mondo del calcio?

“I guanti, certamente. I primi regalati dai miei genitori”

C’è stato un periodo difficile nella sua carriera? E come ne è venuto fuori?

“Ogni calciatore vive momenti difficili nella sua carriera. Da molti anni lavoro con un mental coach. Mi aiuta in certi momenti ed è importante parlare con qualcuno quando le cose non vanno. Aiuta a sentirsi meglio”.

Quanto è importante il sostegno della famiglia e delle sue figlie?

“Molto, sono di grande aiuto perché quando torno a casa è un mondo diverso per me. Metto da parte il calcio e divento Yann il papà, non più Yann calciatore”.

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Qual è l’insegnamento più importante che ha ricevuto e chi l’ha dato?

“Le lezioni le impariamo tramite le esperienze, ma le più importanti arrivano dai miei genitori. Infatti da piccoli si imparano quelle più utili”.

A quale passione oltre al calcio dedica più tempo?

“In questo momento è l’essere papà. Certo, ora ho meno tempo ma mi piace fare musica e anche cucinare. Qualsiasi cosa non sia calcio insomma”.

Un pregio e un difetto.

“Cerco di essere felice e tranquillo. Difetti? In certe situazioni penso troppo”.

Quanto è importante la vita da spogliatoio?

“Molto, deve esserci un buon ambiente e una buona intesa. Se si vuole avere successo bisogna essere una squadra unita”.

Nel calcio conta di più il talento o la determinazione?

“Sicuramente la determinazione. Serve un po’ di talento, certo, ma ho incontrato tanti giocatori nella mia carriera che magari avevano meno talento ma che ci hanno messo duro lavoro e molta passione, senza mai arrendersi. E hanno raggiunto i massimi livelli. Quindi ci vuole molta determinazione”.

 

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Fonte foto: X Inter

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