Ronaldo, Benzema, Neymar. Poi Firmino, Mahrez, Kantè. E l’impressione è che non si fermerà qui la girandola di grandi nomi in direzione Arabia Saudita. Che quest’estate ha avviato, con tutte le sue forze, un progetto di conquista del bel pallone europeo, attraverso un gigantesco e illimitato piano di investimenti volto ad accrescere la competitività e l’appeal del campionato. L’obiettivo è chiaro: inserirsi, di prepotenza, nella cartina geografica del calcio che conta. Non solo: all’orizzonte c’è anche l’opportunità di promuovere lo sviluppo dello sport e dell’intrattenimento su larga scala. Insomma: la Roshn Saudi League vuole essere uno spettacolo a 360 gradi. Un vero e proprio ‘’All Star Game’’ trasportato su prato verde.
Ora, non mi dilungherò più di tanto. L’attenzione mediatica del globo riflette la sua luce sulle stelle del Medio Oriente. Spingendoci, volenti o nolenti, ad informarci quotidianamente sull’andamento del torneo. Sappiamo tutti qual è la situazione attuale. Ma sappiamo, invece, chi è stato il primo grande giocatore a sbarcare in Arabia Saudita?
LA STORIA DEL CAMPIONATO ARABO
Torniamo al 1974. Anno in cui venne ‘’abbozzato’’ il primo campionato saudita, inizialmente denominato ‘’Categorization League’’. Un torneo di transizione composto da 16 squadre, divise in due gironi e provenienti da tutto il regno: si rimodulava così l’organizzazione regionale del calcio in Arabia, che perdurava dalla fine degli anni ’50. Le regole erano semplici: le prime quattro di ogni gruppo avrebbero preso parte al nuovo campionato nazionale, che sarebbe nato l’anno dopo, nel 1975; mentre le ultime quattro avrebbero partecipato alla seconda serie nazionale. La competizione venne vinta dall’Al Nassr, che sconfisse l’Al Hilal.
Come detto prima, il primo vero campionato nazionale, chiamato ‘’Saudi Premier League’’, iniziò nel 1975. Iniziò, sì, ma non si concluse. Anzi: venne interrotto dopo sole quattro giornate a causa dell’assassinio del Re Faysal. ‘’Inaugurazione’’ rimandata al 1976: vinse l’Al Hilal, l’anno dopo l’Al Ahli. In seguito, una serie di riforme contribuì, nel 2007, a rendere il campionato professionistico a tutti gli effetti. Altra storia, però. Perché nei primi anni ’70, mentre l’Iran vinceva Coppe d’Asia e disputava già i mondiali (prima squadra dell’Asia occidentale a compiere tale impresa), l’Arabia Saudita prendeva appunti e iniziava a progettare un domani splendente. Perché nei primi anni ’70, il calcio era ‘’quasi amatoriale, dato che era appena iniziato lì’’.
Parole, queste ultime, del primo grande calciatore, nonché uno dei primi stranieri, ad aver sperimentato su suolo arabo il gioco più bello del mondo: Roberto Rivelino.
RIVELINO, TRA BRASILE E AL HILAL
Tecnica, visione di gioco, capacità di calcio oltre la media. Rivelino non avrebbe bisogno nemmeno di presentazioni: è stato uno dei più grandi interpreti del pallone. Con il suo Brasile ha scritto pagine indelebili, conquistando ed estasiando il mondo al fianco di Pelè, Jairzinho, Tostao e Gerson. Ed è sempre in Brasile che ha costruito l’impalcatura della sua carriera, spesa tra Corinthians e Fluminense. Questa, la sua ultima esperienza nella terra che lo ha consacrato. Infatti, nel 1978, per un importo di un milione di euro, ‘’O Rei do Parque’’ sbarcò in Arabia Saudita, firmando con l’Al Hilal. Accolto da una folla impaziente e ricoperto di benefici extracampo dal Principe Khalid (una Mercedes e un orologio d’oro), Rivelino divenne ben presto idolo e riferimento in un Paese privo di tradizione calcistica e in un campionato che, nello stesso anno, aveva spalancato le porte agli stranieri.
Fatto, quest’ultimo, che confermò la chiara volontà di espandersi, di avvicinare nomi importanti e di sviluppare un prodotto piacevole, competitivo, e di colmare il divario con le altre squadre mediorientali. Un processo che partì nel nome dell’asso brasiliano. Semplicemente di un altro livello, che dimostrò fin da subito conquistando il campionato al primo tentativo. Un campionato vinto alla penultima giornata e deciso da una sua botta da fuori che piegò l’Al Nassr.
L’anno successivo arrivò anche la vittoria della Coppa Nazionale, mentre la terza e ultima stagione in Arabia si concluse senza titoli e con un episodio particolare: si dice, infatti, che il principe Khalid avesse offerto al giocatore una somma davvero considerevole per andare a letto con sua moglie. Rivelino, irritato, durante una partita calciò di proposito addosso al principe in tribuna e chiuse definitivamente la sua esperienza, negli anni giudicata da lui stesso comunque molto positiva. In un triennio e 57 partite, il verdeoro ha messo a segno 23 reti e vinto due titoli, fungendo da apripista per il campionato. Un campionato che, da lì, avrebbe cambiato la sua visione (non è un caso l’affluenza di allenatori brasiliani dal suo arrivo), pur non riuscendo a spiccare il volo come auspicato: di nomi all’epoca considerati importanti si ricordano solamente e vagamente Thomas Sojberg e Theo Bucker, passati all’Al Ittihad.
Insomma, il progetto venne presto accartocciato. Ma è stata comunque una tappa rilevante nella costruzione di un’identità calcistica che, oggigiorno, sta assumendo una forma e una direzione. E in questo lungo viaggio, c’è la firma, indelebile, di Roberto Rivelino.
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