Imparare dalle sconfitte è il primo passo per diventare grandi. Avere l’umiltà di fare un passo indietro e di mettersi in discussione non è snaturare quello che si è e che si vuole essere, ma è anzi sinonimo di crescita, di maturità. Per migliorarsi, per ampliarsi, per completarsi. E’ così, nello sport e nella vita: solo perdendo si impara e si arriva a vincere. Vincenzo Italiano, nel giro di due settimane, ha perso le prime finali della sua carriera da allenatore. Le ha raggiunte con il lavoro, la sana gavetta e, soprattutto, con la forza delle idee e il coraggio di proporle. Ci è arrivato così ai massimi livelli del nostro calcio, proponendo. E ha perso proponendo. In linea con il nuovo che avanza, di cui è già uno dei capostipiti più chiacchierati per la spregiudicatezza dei suoi dettami.
Ecco, spregiudicatezza. Italiano è così, prendere o lasciare. E’ uno che vuole arrivare, e lo vuole fare con i suoi principi, con il credo che poi trasmette sul campo ai suoi giocatori. Anche a costo di risultare presuntuoso. Lo abbiamo visto in queste due finali, il culmine del percorso suo e della Fiorentina bella e impavida che è riuscito a plasmare. Contro l’Inter in Coppa Italia e contro il West Ham l’altra sera è mancata la percezione del rischio e la capacità di prevenirlo, nelle scelte e nell’atteggiamento. I viola partono sempre con l’idea di dominare la partita nella metà avversaria, attraverso il palleggio, le trame avvolgenti e il pressing a tutto campo, imponendo spesso ritmi asfissianti. Il canovaccio tattico è ben definito, ma questo metodo di approccio ingabbia la Fiorentina nel suo squilibrio difensivo, che la rende vulnerabile ed esposta al rischio, portandola a concedere spazi in verticale.
Il gol di Bowen che ha consegnato la Conference agli Hammers è emblematico: all’89esimo, in una finale europea, in una partita così tirata tenere la linea difensiva a ridosso della metà campo è un suicidio sportivo, nonché un errore concettuale provocato a sua volta da una fatale mancanza di concentrazione (in particolare di Igor, che deve scappare e non lo fa con i tempi giusti). Capire e interpretare i vari momenti della partita, tirare il fiato, compattarsi, disciplinarsi: le partite, spesso, quasi sempre, vengono decise dai dettagli. Quelle piccole cose che fanno grande una squadra e un allenatore.
D’altronde, solo perdendo si impara e si arriva a vincere. E l’unica cosa che non manca a Vincenzo Italiano è il tempo. Il tempo di diventare grande per davvero.
Fonte immagine: Il fatto quotidiano
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